L’ombra….

…. che non è quella che ci offre riparo dall’arsura del sole. Se siete veneti o siete stati in Veneto sapete benissimo che cos’è. Da loro entrare in un bar per bere un’ombra è normale come per noi andare a bere un caffè, solo che l’ombra se non state attenti ed esagerate, finisce che vi lascia muy borrachi. E poiché in genere i Veneti sono molto abili nell’indurvi in tentazione, ne consegue che è meglio andarci piano. Se poi capita che il Veneto incontri il Piemonte, che in quanto a vini non scherza neppure lui, e prendano di mira un modenese, aiutati da gente di Bologna, Bè allora il risultato è garantito.
Correva, come al solito, l’anno 1990, vent’anni nuovi di zecca e pensare alle vacanze vicine, 15 giorni fuori dalla routine. Destinazione Val d’Aosta, Morgex-Courmayeur, campeggio Arc en Ciel. Ci andavo da anni, ci si respirava un’aria magica; il proprietario, piemontese, aveva sposato una veneta. E questo già la dice lunga. Lì ci trovavamo tutte le estati destinate alla montagna, sempre quelli, il mio gruppetto di amici, dei ragazzi di Verona e una famiglia di Casale Monferrato. Avevamo una piazzola riservata solo per noi. I primi due giorni erano destinati alla sistemazione del campo, nella posizione più fresca c’era la tenda delle vettovaglie, al centro troneggiava il damigianone di pinot nero, guardato a vista, onde evitare furti.
Tutte le sere dopo cena ci si riuniva sul prato in compagnia del Pinot e si facevano progetti per il giorno dopo. Finchè una sera, uno dei figli del padrone del campeggio ci informa dell’arrivo di un tizio un po’ strano e da come ce lo descrive decidiamo subito che è il tipo giusto per essere fatto oggetto delle nostre “attenzioni”. Per due motivi, il primo è che, visto che lavora alla Ferrari di Maranello come addetto alle pulizie, è talmente gasato che viaggia a tre metri da terra e va raccontando a tutti che è un personaggio di spicco in ditta. Praticamente se non ci fosse lui, la Ferrari potrebbe anche fallire. Il secondo motivo è più campanilistico. Fra Bologna e Modena c’è sempre stata una certa ruggine per via di alcuni fatti accaduti tempo fa e quindi i bolognesi da sempre prendono di mira i modenesi.
Il giorno dopo arriva Airton (si faceva chiamare così) e mostra subito un vivo disappunto perché abbiamo occupato quella che lui riteneva la sua piazzola e ce lo dice anche, con fare spavaldo, poi si sceglie un angolino, si monta la sua tenda e se ne va a lavare la sua vecchia 112 che, poveretta, appariva stremata dal lungo viaggio. Si vede benissimo che gli stiamo sugli zebedei. Il giorno dopo la sposta per andare in paese, poi torna e si siede a leggere oppure se ne ha voglia, fa una passeggiata a piedi nel bosco, senza mai aprire bocca. Dopodiché lava la macchina, di nuovo, tutte le sere. Alle 20:30 è già in branda.
E’ ovvio che noi si cercava di fare meno rumore possibile per non disturbarlo, ma non si può pretendere che in un campeggio d’estate ci s’imponga il coprifuoco. Lui tutte le mattine protestava col gestore del campeggio. Finchè capitò il primo “incidente”…. Uno dei ragazzi di Verona fece notare che il vino del damigianone aveva perso il suo smalto, lo assaggiammo tutti e convenimmo che sembrava….annacquato! Com’era possibile? Chi ama il buon vino sa che annacquarlo è un sacrilegio punibile con la fustigazione, quindi noi non potevamo essere stati. Senza dire nulla a nessuno quella notte ci ritirammo nelle tende ma senza andare a dormire, ci mettemmo tutti di guardia. Subito dopo le 3 vedemmo un ombra strisciare tra le nostre tende, cercava qualcosa per terra che raccoglieva e metteva in un sacchetto. Ma che cosa? Poi quatto quatto si diresse verso l’uscita del campeggio. Non ci preoccupammo più di tanto e lo lasciammo perdere. Non avevamo risolto il mistero del Santo bevitore, ma a quello avremmo pensato la mattina.
La mattina Airton era introvabile, anche se la 112 era al solito posto. C’erano però i veronesi, che lo cercavano, incazzati come serpenti. Ma come, noi li credevamo già in Svizzera, dovevamo andare a trovare dei loro amici ad Annecy, che ci facevano ancora in campeggio? Snocciolando avemarie una sull’altra ci dissero che le moto si erano ingolfate! E come mai tutte così all’improvviso? Perché stanotte un figlio di puttana aveva chiuso i tubi di scappamento con dei tappi da spumante, sigillando il tutto con lo scotch. A loro non era venuto in mente di controllare proprio quello e avevano continuato a cercare di mettere in moto naturalmente peggiorando la situazione, finchè a uno era partito un tappo che sicuramente era finito in Francia, a Chamonix.
S’imponeva una vendetta! Quale, se non prendere di mira la sua adorata 112? Comprammo in paese della vernice rossa (rosso Ferrari appunto) e gliela dipingemmo tutta, vetri compresi! Poi prendemmo un bel cartello e sopra scrivemmo:
“Salve, sono solo una 112, ma da grande diventerò una Ferrari!”. E lo lasciammo sul cofano in bella vista. La tinteggiatura non era proprio perfetta, ma faceva la sua bella figura…..Ad Airton non piacque molto, ma si guardò bene dal protestare. Si ripulì i vetri e se ne tornò a Modena.

38 commenti

  1. A due poveri cristi che avevamo come vicini di campeggio, anni fa, rubarono la moto. Dovevano restare un paio di giorni, rimasero ben più a lungo, ma almeno la direzione del campeggio fece loro uno sconto.

    • In tutte le provincie di lingua veneta “n’ombra de vin” …un bicchiere, solitamente piccolo, di vino. Pare che il nome derivi dal fatto che in tempi antichi i venditori di vino in piazza San Marco a Venezia seguissero l’ombra del campanile per tenere in fresco i vini (poetica ma poco credibile). In Friuli e nell’isontino invece si usa(va) di più “andar per frasche”, ovvero passare a provare il vino nelle varie “frasche”; la frasca è (o meglio era, stanno sparendo tutte) una vendita diretta di piccoli produttori, dove dopo l’assaggio potevi acquistare il vino in bottigli o damigianette, anche se più spesso si usava fare il giro delle bevute in tempi in cui il tasso alcolemico non veniva misurato e la Stradale chiudeva un occhio

    • Io non sono tifosa. Preferisco le moto.
      Però una volta sfogliando una rivista vidi una vettura da F 1 che mi piacque molto esteticamente parlando. Non so se era competitiva o no. Per me era bellissima, tutta nera con le scritte in oro! Si chiamata Lotus.BELLA!

  2. in Friuli c’é il taj da “taj’ ut” (Ti aiuta) o de blanc o de ross.
    Nella zona della comunità collinare da San Daniele a Coseano, da Artegna a Buia, da Osoppo e Fagagna ho lasciato un impronta significativa …

    Campeggio? Frequentato anche quello e sia in montagna che al mare. Ricco di varia umanità dal campeggiatore professionista al truzzo più indegno.
    Ottimo luogo per il sociologo di turno.

        • Refosco, Ribolla…però Maestro, ti tratti bene! E visto che insisti, ti propongo la torta sbrisolona bagnata col Recioto di Soave. Che poi se dovessi avere ancora voglia di provarlo, perché non sei convinto, cosa c’è di meglio che abbinarlo al Pandoro, col Tiramisù, i formaggi salati e piccanti, la zucca cotta al forno. E visto che ci sono, ti passo un’altra idea, la torta di erba madre, ti do anche la ricetta, perché così la passi alla tua dolce metà. Perché l’erba madre, che si può trovare nella zona di Verona, è conosciuta col nome di Artemisia. Ora dubito che si riesca a fare, vista la difficoltà a reperire l’Artemisia, però sarebbe carino, ad esempio, farne un quadretto da appendere in cucina, ad imperitura memoria della torta e di Artemisia (la tua). Io ti passo la ricetta, poi l’idea te la farai venire tu.
          Dimenticavo, c’è anche il Recioto d Valpolicella, sempre “recie” sono.

          RICETTA
          Cosa occorre: 150gr zucchero, vanillina, 4 uova intere, 1 tazzina di olio d’oliva, scorza grattugiata e succo di mezzo limone, 200gr farina, ½ bustina di lievito per dolci, circa 100gr di erba madre tritata, zucchero a velo per decorare.
          Come si fa: separare i tuorli dagli albumi e montare i tuorli con lo zucchero fino ad avere un composto bianco e spumoso. Unire l’olio e mescolare delicatamente con la frusta. Aggiungere la farina setacciata. Montare a neve gli albumi con un pizzico di sale e unirli delicatamente al composto. Aggiungere la buccia grattugiata del limone e il succo di mezzo limone. Tritare finemente l’erba madre nel mixer e unirla al composto. Far schiumare il lievito dentro un bicchiere con un dito di latte e unire. Imburrare e infarinare uno stampo tondo da 26 cm e versare l’impasto. Cuocere a 180° per circa 30 min. Far raffreddare e cospargere di zucchero a velo.

  3. Certe volte quando entro qui trovo talmente tanti post da non capire più una mazza di dove ero arrivato a leggere… e non passo di certo solo una volta ogni morte di tartaruga!
    😯
    Ho un cugino acquisito che ama molto l’ombra. Pensa che, addirittura, il suo saluto ufficiale, quando si rivolge a qualcuno, conosciuto o sconosciuto, come soprannome non è “capo”, “maestro”, “dottore”, bensì “hombre”. Con una cadenza vocale che cade verso il singolare finale…
    🙄

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